Oltre all’energia eolica, a quella fotovoltaica, a quella ricavata dal ciclo dell’acqua e dalle maree, alle quali si fa sempre più ricorso oggi per cercare di rispettare l’ambiente, cosa di cui il pianeta ha assolutamente bisogno, un’altra soluzione possibile è quella di produrre energia dai fanghi di depurazione di acque reflue. In questo spazio cercheremo di capire qualcosa in più seguendo tutto il percorso del trattamento delle acque, e come si giunge alla produzione di energia. Buona lettura!
Iniziamo col dire che l’obiettivo del ciclo di trattamento delle acque reflue urbane ed industriali è quello di rimuovere dall’acqua tutto ciò che la contamina, e cioè sostanze organiche ed inorganiche derivanti dalle attività svolte dall’uomo, siano esse civili o industriali. L’acqua viene in pratica obbligata a fare un percorso, durante il quale è sottoposta a quello che tecnicamente si chiama ciclo depurativo, ed alla fine del processo sarà riutilizzabile ma non potabile, mentre i fanghi di risulta verranno a loro volta trattati per produrre energia elettrica.
Il processo di depurazione delle acque reflue urbane
L’acqua delle fogne viene prima filtrata e liberata da detriti solidi passando attraverso delle griglie a maglie sempre più strette, e poi vengono separate sostanze come saponi, grassi ed olii; durante tutto il processo, nei canali attraverso i quali scorre l’acqua viene immesso ossigeno per far si che non si generino depositi, cosa che invece avviene nelle apposite vasche di decantazione, dove i batteri si alimentano delle sostanze organiche venutesi a creare grazie all’immissione di ossigeno, e precipitano sul fondo per poi essere raccolti soltto forma di fanghi attivi.
Sia l’acqua reflua che i fanghi ricavati dalla sua depurazione sono tecnicamente riutilizzabili, in pratica significa vincere una partita per 2-0 a favore dell’ambiente e della sua conservazione; già, perché l’acqua alla fine del ciclo sarà libera da batteri, virus, ed altre sostanze inquinanti sia di natura organica che inorganica, ed il fango, a sua volta trattato, sarà in grado di sprigionare biogas come anidride carbonica, idrogeno, metano.
Dal liquame al fango attivo
Ma che fine fanno i fanghi separati dall’acqua alla fine del suo lungo processo di depurazione? Che utilizzo se ne può fare in totale rispetto dell’ecosistema ambientale? Una volta separati dall’acqua, i fanghi vengono portati ad un inceneritore o smaltiti in discariche, con le relative catastrofiche conseguenze che tali azioni scatenano nei confronti dell’ambiente. Purtroppo il costo di trattamento e smaltimento dei fanghi ad oggi è di circa 200 € la tonnellata, almeno per quanto riguarda l’Italia, ed è senza dubbio il più alto d’Europa, e si è giunti alla conclusione che, una volta stabilito che bisogna pagare per smaltirlo, forse sarebbe meglio farlo per ricavarne qualcosa di utile come l’energia elettrica, ad esempio.
I fanghi, una volta centrifugati e ridotti di massa, vengono stoccati all’interno di grandi silos, all’interno dei quali fermentano e sprigionano i cosiddetti biogas, che vengono a loro volta inviati al più vicino termovalorizzatore, che provvederà a bruciarli per ricavare energia. Senza dubbio un processo che prevede anch’esso dei costi, ma che fatto attenendosi alle regole indicate consente di produrre energia senza inquinare l’ambiente, una soluzione che dovrebbe essere presa più sul serio, viste le precarie condizioni in cui versa il pianeta Terra oggi.
HBI, la soluzione italiana sostenibile
Human Bio Innovation, è questo il nome della giovane società italiana nata a Treviso nell’Ottobre del 2016 che ha messo a punto una soluzione ecosostenibile per produrre energia sfruttando i fanghi di risulta del processo di depurazione delle acque reflue. E’ una soluzione basata su un sistema circolare e sostenibile, ovvero fondata su un processo in continuo che ha come caratteristiche principali l’assoluta assenza di emissioni di gas (e quindi di odori), e la riutilizzazione sia dell’acqua presente nei fanghi, sia dei fanghi stessi che, mediante processo di essiccazione anaerobica, interagiscono tra loro sprigionando biogas.
Oltre 5 anni di studi e ricerche, più di 200 test effettuati, 3 brevetti già ottenuti ed altri in arrivo; HBI ha messo a punto una nuova tecnologia che è all’avanguardia in questo settore, ora è solo una questione di costi di produzione e di accordi con il governo per cercare di capire se si può contare su qualche sovvenzionamento pubblico. Siamo abbastanza ottimisti e speranzosi in merito, d’altra parte l’ambiente avrebbe davvero bisogno di una bella ‘rinfrescata’.